Toblinogate: l’ordinanza che inchioda il Cda di Cantina Toblino e scagiona gli enologi licenziati

ESCLUSIVA. Le carte del Tribunale di Trento e le parole del supertestimone, l’ex dg Gianantonio Pombeni

Toblinogate: l'ordinanza che inchioda il Cda di Cantina Toblino e scagiona gli enologi licenziati Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli

L’utilizzo di 9% alcol in volume, quale parametro utile a determinare la gradazione minima dei vini atti a divenire Vigneti delle Dolomiti Igt, non è attribuibile alla discrezionalità di Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli. Ecco perché il Tribunale civile di Trento ha intimato il reintegro dei due enologi licenziati da Cantina Toblino. Costringendo la cooperativa trentina a pagare stipendi e contributi arretrati, oltre alle spese processuali.

È quanto emerge dalle carte dell’ordinanza firmata il 28 dicembre 2021 dal giudice del lavoro Giorgio Flaim. Un documento che inchioda la cantina della della Valle dei Laghi presieduta da Bruno Luterotti e diretta da Carlo De Biasi. E scagiona definitivamente i due winemaker Tomazzoli e Pederzolli, accusati di «fatti inesistenti».

Tra i supertestimoni del Toblinogate, caso che ha tenuto il Trentino – e non solo – col fiato sospeso per tutto il 2021, figura Gianantonio Pombeni. Trentasei anni al servizio di Cantina Toblino, è l’uomo che ha lasciato il posto a Carlo De Biasi alla direzione generale della cooperativa nell’agosto 2016, per raggiunti limiti di età pensionabile.

TOBLINOGATE: TRA I SUPERTESTIMONI L’EX DG POMBENI

Le parole dell’ex dirigente sono la chiave di volta dell’intero procedimento. La panacea dei mali di Lorenzo Tomazzoli e Marco Pederzolli. L’asso nella manica del loro legale, l’avvocato Osvaldo Cantone del foro di Verona.

«Nel periodo di svolgimento del mio rapporto di lavoro – chiarisce Gianantonio Pombeni nella sua deposizione – la classificazione dell’uva conferita avveniva in base ai  parametri della resa per ettaro e della gradazione zuccherina. In riferimento a quest’ultimo parametro, l’uva Müller-Thurgau destinata a Igt Vigneti delle Dolomiti era di 14,20 Babo, che corrispondeva a un volume alcolico del vino di 9%».

Detto valore è stato applicato fin dagli anni Ottanta e conservato per quanto mi consta, durante il periodo in cui io ho svolto le mansioni di direttore generale. Si trattava di un valore di conoscenza comune, sia in azienda che tra i soci.

Questo valore di 14,20 Babo era necessario per rispettare la qualità che Cavit pretendeva rispetto ai vini che acquistava dalla Cantina di Toblino. Ricordo che era stata redatta una circolare destinata ai soci in cui era stato  indicato anche il suddetto valore».

IL DECLASSAMENTO DELL’IGT VIGNETI DELLE DOLOMITI

Un valore, chiarisce sempre Gianantonio Pombeni nella sua testimonianza, che era stato «individuato dalla cantina dopo aver consultato il Consorzio di Tutela dei Vini del Trentino e l’Icqrf di San Michele all’Adige». «Ricordo anche che io, in prossimità di ciascuna vendemmia, contattavo i due enti per informarmi se vi erano delle novità prescrittive», ammette l’ex dg.

Un aspetto rimarcato nell’ordinanza del Tribunale civile di Trento. «Il parametro dei 9% alcol – scrive il giudice Giorgio Flaim – risale a tempi remoti e sempre con l’avallo delle autorità di vigilanza e di tutela, come emerge nitidamente dalla deposizione del teste Pombeni Gianantonio». A confermare la tesi difensiva sono anche le parole del suo successore.

«In previsione alla vendemmia 2018 – dichiara l’attuale direttore generale Carlo De Biasi nella sua deposizione – io decisi che l’uva oggetto del singolo conferimento da parte dei soci venisse qualificata anche sotto il profilo dell’attitudine, secondo le tre categorie Trentino Doc o Igt Vigneti delle  Dolomiti o vino da tavola. Ho dato il consenso all’applicazione e alla diffusione di detti valori presumendoli corretti».

Emerge così «con evidenza», scrive il giudice Giorgio Flaim, «che l’utilizzo presso Cantina Toblino del  valore 9% vol. […] non solo non fu un’iniziativa adottata autonomamente nel 2018 dal ricorrente (Lorenzo Tomazzoli, ndr) e dal collega Marco Pederzolli».

Ma corrispondeva – prosegue l’ordinanza – a un parametro da tempo condiviso dal Consiglio di amministrazione della società datrice e dall’attuale direttore generale De Biasi (oltre che, come si è già visto, dal predecessore Pombeni). Nonché conosciuto dai soci conferenti, essendo indicato nelle circolari loro inviate e inserito nella tabella affissa presso luoghi di pesa».

IL GIUDICE: ACCUSE INFONDATE AI DUE ENOLOGI LICENZIATI

«Appare così palese l’infondatezza dell’addebito, laddove addebita al ricorrente l’introduzione nel sistema informatico aziendale di un erroneo parametro, l’errata classificazione di consistenti quantitativi di uva conferita dai soci. Nonché l’aver cagionato un grave danno alla società, corrispondente al minor valore del vino, commercializzato come vino comune da tavola».

Tutti aspetti che determinano «l’inesistenza ontologica dei fatti contestati». Tanto da far «apparire quasi superfluo ricordare l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, che  equipara l’irrilevanza disciplinare all’inesistenza materiale ai fini dell’applicazione della tutela ex art. 18 co.4 St. Lav.». Ovvero il reintegro per mancanza della “giusta causa” del licenziamento.

Non è tutto sul Toblinogate. Raggiunto da WineMag.it, Lorenzo Tomazzoli chiarisce ulteriori dettagli sul potenziale vino Igt Vigneti delle Dolomiti declassato a vino da tavola. «Tra le accuse mosse nei nostri confronti dal Cda di Cantina Toblino – spiega l’enologo della cooperativa – c’è quello di aver causato un danno economico. Nessuno però ha detto che fine ha fatto tutto quel vino prodotto con uva declassata».

L’azienda ha un punto vendita locale in cui si vendono 1.200 ettolitri di vino sfuso all’anno. Il vino da tavola bianco deriva dai superi dello Chardonnay, dai superi del Pinot Grigio, da un po’ di Sauvignon e anche da Müller-Thurgau e Nosiola con gradazioni basse.

Vien fuori un vino da 11 gradi, con l’arricchimento, che è onestissimo, buonissimo. E che si vende allo stesso prezzo a cui viene venduto l’Igt Vigneti delle Dolomiti a Cavit! Dunque Cantina Toblino non ci ha rimesso un euro!».

IL PREZZO DEL VINO DA TAVOLA E I PIWI (DI DOMANI)

Il prezzo del vino da tavola bianco della cooperativa della Valle dei Laghi, presso il punto vendita di Via Lónga, a Sarche di Calavino (TN), è di fatto di 1,80 euro. Si tratta dunque degli stessi 1,50 euro circa al litro riconosciuti all’ingrosso per il Müller-Thurgau atto alla spumantizzazione.

«Anche il danno economico da 420 mila euro, frutto dei prezzi di vendita dello sfuso a Cavit (147 euro all’ettolitro) risultava campato in aria», attacca Lorenzo Tomazzoli. «Il confronto – spiega ancora l’enologo – è stato fatto con il prezzo di vendita del vino da tavola bianco sulla piazza di Verona, ovvero 35 euro all’ettolitro. Senza considerare minimamente il reale prezzo presso il punto vendita di Cantina Toblino».

Entrate, quelle dello sfuso sul mercato locale, che costituiscono uno dei pilastri dei bilanci della cooperativa. Posto di lavoro in cui Lorenzo Tomazzoli è pronto a rientrare tra poche ore. Con qualche macigno nelle scarpe: «Ho tante belle cose da completare», ammette.

Secondo indiscrezioni di WineMag.it, tra i progetti potrebbe esserci il lancio dei vini da vitigni resistenti Piwi targati Cantina Toblino. Un vero e proprio pallino per l’esperto winemaker della cooperativa. La svolta “green” con Solaris e Bronner. Dopo la pagina nera del Toblinogate.

Enologi Cantina Toblino reintegrati dopo licenziamento, Cotarella: «Giustizia è fatta»

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